Pomodoro, storia di un ingrediente “globale”
L’introduzione del pomodoro in Europa ha origini antiche, ma soprattutto, due storie ben distinte. In primo luogo, c’è la cronaca che traccia le tappe che hanno portato all’effettiva diffusione dei semi, seguita dai resoconti dettagliati su coltivazione e consumo. L’altra storia, direttamente collegata alla prima, è quella della conoscenza e dello studio di una nuova pianta nel mondo accademico. Ad ogni modo, il pomodoro non è semplicemente un prodotto della colonizzazione spagnola nelle Americhe. Infatti, è anche il risultato della prima globalizzazione della storia, tra Europa e America hanno avuto un enorme impatto sulla vita di tutti i giorni. Gli europei entrarono per la prima volta in contatto con il pomodoro domestico in Mesoamerica dopo la conquista della città di Tenochtitlan nel 1521 da parte di Hernán Cortés, dove era parte integrante della dieta e della cultura Nahua nel XVI secolo. I primi pomodori arrivarono nella Penisola Iberica dal Messico nella prima metà del XVI secolo.
Il pomodoro: tra colonialismo e mitologia
Siviglia era il centro di smistamento per tutte le merci provenienti dall’America. Malgrado non esistano documenti esaustivi, è probabile che la città andalusa sia stata il punto di accesso per l’arrivo del pomodoro in Europa. L’espansione coloniale e culturale spagnola favorì la sua diffusione in tutto il mondo, dai Caraibi alle Filippine. Verso la metà del Cinquecento, lo studioso italiano Pietro Andrea Mattioli, ne dà invece una prima descrizione: Un’altra specie è stata portata in Italia nel nostro tempo, appiattita come una mela rossa e composta da spicchi, prima verdi e poi dorati e si mangiano come le melanzane. Nell’edizione latina del suo commento a Dioscoride pubblicata nel 1554, aggiunge che le melanzane di questo tipo erano chiamate pomi d’oro. Un nome allusivo, con chiaro riferimento al giardino delle Esperidi, dove secondo la mitologia greca dimoravano le ninfe e producevano frutti d’oro.
Una decorazione più che un alimento
Il pomodoro non era un prodotto facile da introdurre nella dieta europea: non aveva né l’aspetto né il sapore di una pianta conosciuta. Molti non erano abituati alla sua consistenza; inoltre, i pomodori verdi e immaturi erano considerati troppo acidi per i gusti del tempo. Tuttavia, a impedire un successo immediato e un riscontro diffuso era anche la modalità di preparazione dei cibi, che nel tardo Rinascimento presentava tempi di cottura molto lunghi. Giunti a maturazione, i pomodori erano troppo morbidi per sopravvivere a lungo sopra il fuoco e quindi tendevano inevitabilmente a sfaldarsi. Ad ogni modo, due fattori si sono rivelati decisivi per l’arrivo sulle nostre tavole:
- Il clima e il terreno del Mediterraneo, che si presentavano favorevoli alla loro coltivazione
- La cultura del pomodoro è complementare a quelle esistenti. La sua coltivazione non esclude la coltivazione di altri ortaggi, come accaduto invece per il mais
Pregiudizi e paragoni improbabili
Si stenta a crederlo, ma in passato frutti, verdure e ortaggi erano considerati nocive per la salute. l’idea che le verdure non fossero salutari era un’idea generalmente accettata dalla società. Ovviamente, secondo questo regime alimentare, il pomodoro, date le sue caratteristiche e il fatto che veniva immediatamente associato alla melanzana e alla famiglia delle Solanacee, non poteva essere considerato un alimento sano, in quanto poteva marcire rapidamente nell’organismo, causando ogni tipo di effetto nocivo. Stesso trattamento era riservato a cibi oggi molto popolari come lenticchie, patate, peperoni. Le persone avevano un atteggiamento molto cauto verso patate e pomodori, trattati con grande cautela a causa della loro somiglianza morfologica con la belladonna, pianta velenosa e potenzialmente fatale. Fu proprio l’idea di convertirlo in una salsa d’accompagnamento, un must nella cucina europea del passato, a far sì che venisse percepito dalla maggior parte della popolazione come un alimento adatto al consumo.
Salsa al pomodoro e l’arrivo in Oriente
Si fatica a credere che il pomodoro fosse una pianta ornamentale. Perché diventasse un alimento bisognava correggerlo. Secondo la concezione galenica ancora in voga, la cottura aveva il potere di bilanciare in senso positivo le caratteristiche intrinseche di un alimento. Nel caso specifico, il sapore crudo e leggermente acido poteva essere modificato aggiungendo sale, olio o spezie piccanti come il pepe. Nelle prime ricette esaminate, risulta che la preparazione della salsa di pomodoro prevedeva l’aggiunta di sale, pepe e olio. La cucina italiana, grazie a fattori culturali e climatici favorevoli ha trovato quindi il modo di usarlo per arricchire le pietanze con un gusto sempre più avvolgente e riconoscibile in tutto il mondo. Contestualmente alla diffusione nella cucina mediterranea in epoca moderna, il pomodoro ottiene grandi riscontri nella cucina mediorientale. Sia per la preparazione di insalate, sia come condimento sostitutivo di altri ingredienti, considerati meno saporiti e più costosi